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L’attività di ricerca scientifica di Bellavite è iniziata all'Università di Trieste, presso l'Istituto di Patologia Generale (anni 1973-1980) sotto la guida del prof. Filippo Rossi ed è proseguita all'Università di Verona, prima (1980-1990) presso l'Istituto di Patologia Generale, poi (a partire dal 1990) presso l'Istituto di Chimica e Microscopia Clinica (DIrettore Prof. Mario Zatti).
Gli argomenti di ricerca di Bellavite hanno riguardato gli aspetti dell'infiammazione, con particolare riguardo alla struttura, biochimica e funzione (normale e patologica) dei fagociti del sangue e dei tessuti. In tal campo ha conseguito importanti risultati in particolare nella caratterizzazione dell'enzima NADPH ossidasi (vedi sezione del sito dedicato all'analisi della ricerca scientifica).
All'inizio degli anni '80, Bellavite ha contribuito in modo determinante alla fondazione del nuovo Istituto di Patologia Generale di Verona, in cui si è dedicato alla ricerca sulla biochimica e fisiopatologia dei globuli bianchi e particolarmente dei granulociti neutrofili e macrofagi, fino ad impiantare, al ritorno da un periodo trascorso ad Oxford-Cranfield, il primo laboratorio di biologia molecolare.
Nel 1989 ha iniziato ad interessarsi anche degli effetti biologici delle sostanze naturali in piccole dosi, giungendo ad occuparsi anche delle basi biologiche e fisiopatologiche dell'omeopatia. Questo allargamento dei suoi interessi scientifici e culturali è derivato dalla volontà di indagare - su modelli sperimentali già ben conosciuti - i fenomeni soglia di regolazione cellulare e le risposte biologiche paradosse ai farmaci (dette anche effetti inversi). Ma soprattutto si tratta di una scelta etica, vale a dire mettere a disposizione le sue competenze per un tema di grande interesse per la popolazione ma troppo trascurato per la difficoltà intrinseca e per i pregiudizi dell'accademia.
Egli ha intuito che l'approccio omeopatico per molti versi appare coerente con i concetti della moderna neuroimmunoendocrinologia e della systems biology, anzi li precorre. La Patologia Generale non teme di affrontare, con un metodo scientifico correttamente applicato, anche la provocazione di fenomeni apparentemente inspiegabili o paradossali, nella salute e nella malattia. Purtroppo, l'omeopatia non è riconosciuta né dalla Patologia ufficiale, né dalla Farmacologia, si trova in una frontiera che è considerata "terra di nessuno" e quindi in Italia chi vi si dedica è destinato al fallimento sul piano accademico ufficiale, vale dire non avrà mai una "cattedra".
Anche se all'inizio tale scelta è stata molto solitaria e contrastata (come ogni scelta pionieristica), il tempo e la costante applicazione gli hanno dato ragione, pur tra mille difficoltà.
Alcuni miei Maestri - Some my Teachers
A fronte dell’opposizione al fatto che egli portasse avanti ricerche sull’omeopatia e necessitando di un laboratorio dove gli fosse consentito di condurre i suoi studi in modo libero e costruttivo, nel 1990 Bellavite optò per il trasferimento presso l'Istituto di Chimica e Microscopia Clinica diretto allora dal Prof. Mario Zatti,approvato dal Consiglio di Facoltà.
Bellavite non ignorava che la scelta di affrontare argomenti ritenuti (in parte ingiustificatamente) eterodossi avrebbe comportato difficoltà di carriera. Tuttavia, sentendosi chiamato dall’avventura della conoscenza ad affrontare questo filone di studi – comunque di alto interesse sociale e scientifico – ritenne opportuno andare avanti su questa strada.
Presso il nuovo Istituto Bellavite ha trovato l'ambiente favorevole per continuare gli studi sui fagociti ed estenderli ad applicazioni nel campo delle patologie reumatologiche, dei radicali liberi ed ha aperto nuovi filoni di ricerca nel campo della biologia dell'emostasi e della patologia vascolare. Attivando collaborazioni con vari gruppi di ricercatori operanti presso la stessa ed altre Università, Bellavite ha portato avanti lo studio delle basi scientifiche dell'omeopatia, viste nell'ambito della "Medicina Integrata".
Per portare avanti le sue ricerche, sia in campo “convenzionale” che nel campo dell’effetto dei medicinali omeopatici in minime dosi, Bellavite ha messo a punto nuovi metodi di laboratorio particolarmente sensibili e versatili ed ha sviluppato anche modelli su animali da esperimento (vedi " ricerca scientifica"). Egli è sempre stato ed è convinto che la molteplicità e la varietà dei propri oggetti di interesse scientifico siano coerenti con gli obiettivi della Patologia Generale.
Bellavite ha sempre cercato di trasferire queste vedute nell’ambito dei suoi corsi e delle sue pubblicazioni, in cui vengono analizzate con particolare approfondimento le problematiche scientifiche dell’omeostasi e della complessità biologica (vedi il libro "La Complessità in Medicina") nonché della farmacologia di frontiera.
Le resistenze hanno riguardato le idee e la carriera di Bellavite: divenuto professore già nel 1984, ha anteposto la passione per la ricerca alla successiva progressione accademica (e qui stendiamo un pietoso velo di silenzio) ed ha dovuto sempre lottare per avere un minimo spazio. Inutilmente ha chiesto maggiori spazi e posti di ricercatori con istanze presentate a più riprese e per iscritto (precisamente nel 1993, 1996, 1998, 2000, 2002, 2012). Per mancanza di prospettive consistenti, molti stretti collaboratori, pur autori di numerose e significative pubblicazioni, hanno dovuto lasciare il lavoro di ricerca in università. Ciò è paradossale in Patologia Generale, perché quello della medicina complementare e integrata sarebbe invece un ottimo campo di sviluppo di tale disciplina, aperta a diversi contributi scientifici ed epistemologici. L’origine di tali problemi sta innanzitutto nell’impostazione culturale di tipo riduzionistico-meccanicistico, che informa ancora la cultura biomedica dominante e che tende a negare rilevanza nella ricerca e nella didattica a tutto ciò che – nella dinamica del vivente e nella patologia - sia atualmente ritenuto non "spiegabile" in termini strettamente molecolari. Naturalmente, opporre la medicina "molecolare" all'omeopatia rappresenta una posizione totalmente scorretta e fuorviante. Un altro grosso nodo sta nel sistema di potere accademico venutosi a creare, per i meccanismi concorsuali, all’interno dei gruppi disciplinari (vedi lettera a suo tempo inviata a " Università-Notizie"). Esso condiziona pesantemente la libertà di ricerca dei singoli, sia giovani (che devono ottemperare ai "desiderata" di loro superiori) sia anziani (che devono far parte di cordate ben strutturate al fine di poter "piazzare" i loro allievi e trovare i fondi per la ricerca). Infine esistono limiti oggettivi di risorse a disposizione della struttura universitaria, che soffre della scarsa attenzione delle istituzioni pubbliche italiane verso il mondo della ricerca. Stendendo un pietoso velo sulle resistenze e le opposizioni (comunque ben documentate), preferiamo rilevare come Bellavite e il suo gruppo abbiano a più riprese ricevuto notevoli incoraggiamenti:
Dr. Giuseppe del Barone (Presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici) (2002):
"Desidero ringraziarLa sentitamente della Sua fattiva partecipazione nonché della apprezzatissima relazione svolta al Convegno tenutosi a Terni su La professione medica e le medicine non convenzionali, rischi ed opportunità"
(Lettera prot. 4355 28.11.2002)
Interviste a Paolo Bellavite
La complessità come interfaccia tra umanesimo e scienza
La
frontiera che separa è inevitabilmente la stessa che unisce
Intervento sintetico sul mio pensiero a proposito della ricerca in omeopatia:
OMEOPATIA/ Un aiuto alla cura o semplice “stregoneria”?
Il Sussidiario.net venerdì 28 maggio 2010